venerdì 24 marzo 2017

"VIOLENZA ASSISTITA E MINORI" DI FABRIZIO GIULIMONDI

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·        LA VIOLENZA INTRA-FAMILIARE

Il tema della violenza intra-familiare vede il coinvolgimento di varie categorie professionali, tra cui magistrati, avvocati, psicologi, psichiatri, assistenti sociali e appartenenti alle Forze di Polizia, specie nelle fasi immediatamente successive all'evento traumatico e di ascolto della vittima e dell'autore di reato. In questo senso è necessario creare una rete di conoscenza ed interventi che veda la sinergia tra gli operatori nell'approccio di questo fenomeno, sia per quanto riguarda la prevenzione che l'aspetto della cura e trattamento.
Il rapporto ISTAT del 2015 sul fenomeno della violenza contro le donne ci fornisce alcuni importanti risultati:
- Il 31,5 % delle donne è stata vittima di violenza sessuale o fisica;
- In Italia ben 6 milioni 788 mila donne hanno subito almeno un caso di violenza;
- La violenza contro le donne si scatena quasi sempre dentro le mura domestiche.
L'autore è:
- nel 5.2 % dei casi il partner attuale (marito – convivente);
- nel 18,9 % l'ex.


L'autore della violenza è un uomo:
-      nel 61 % dei casi tra i 35 e i 54 anni;
- Un impiegato nel 21 % dei casi;
- Una persona istruita (il 46 % ha la licenza media superiore; il 19 % la laurea);
- Non fa uso in genere di droghe e/o alcol.

La vittima di violenza è per la maggior parte dei casi:
- una donna di età compresa tra i 35 e i 54 anni;
- ha un titolo di studio piuttosto elevato (licenza media superiore nel 53 % e la laurea nel 22 %).

Possiamo affermare che la violenza intra-familiare è quasi sempre violenza di genere, che si espande alla “violenza assistita”, ossia alla visione da parte del minore presente di violenze fisiche e psicologiche fra il padre  e la madre, violenze che, talvolta, lo coinvolgono direttamente nel fare da scudo al genitore maltrattato.






·        DEFINIZIONE DI VIOLENZA

Le forme specifiche di violenza contro le donne sono:

- Maltrattamento fisico;
- Maltrattamento psicologico;
- Maltrattamento economico;
- Violenza sessuale;
- Violenza psicologica;
- Stalking.

·        IL MALTRATTAMENTO FISICO
Si intende una serie di atti posti in essere, o anche solo intimati, lesivi dell'integrità fisica della donna. Per esempio:
- essere spinto;
- essere strattonato;
- essere afferrato;
- essere colpito con un oggetto;
- essere schiaffeggiato;
- essere soffocato;
- essere ustionato;
- essere minacciato con armi;
- rompere oggetti al fine di minacciare.
Nella vittima tali comportamenti subiti possono indurre l'insorgenza di disturbi somatici, del sonno e a vari altri traumi.

·        MALTRATTAMENTO PSICOLOGICO
Si intende qualsiasi comportamento che lede la dignità della persona; una serie di strategie adottate al fine di esercitare il proprio controllo e potere. Per esempio:
- Convincere la vittima di essere priva di valore e capacità;
- Renderla insicura, fragile;
- Renderla bisognosa di una guida per qualsiasi cosa.

MALTRATTAMENTO ECONOMICO
Si intende qualsiasi comportamento avente come obiettivo il controllo e la limitazione dell'indipendenza economica della donna. Per esempio:
- Impedirle di conoscere il reddito familiare;
- Sminuire il suo lavoro o addirittura portarla al licenziamento;
- Non pagare l'assegno familiare in caso di separazione.

L'uomo maltrattante esercita il suo potere creando così una dipendenza affinché la vittima non lo abbandoni e possa, di conseguenza, riconoscerlo come unica fonte di sostegno economico.

·        VIOLENZA SESSUALE
Si intende qualsiasi comportamento sessuale cui deve sottomettersi la vittima contro la propria volontà. Per esempio:
- Costringere a rapporti sessuali;
- Stupro;
- Tentato stupro;
- Molestare sessualmente;
- Rapporti sessuali con terzi;
- Attività sessuali non desiderati e/o umilianti.
Tale violenza provoca nella vittima ansia e depressione e gravi danni alla personalità.

·        STALKING
Si intende una serie di comportamenti vessatori protratti nel tempo, aventi come obiettivo il controllo della vittima determinando in essa un costante stato di tensione e di riduzione dell'autostima. Per esempio:
- Pedinamenti;
- Telefonate continue;
- Incursioni sul posto di lavoro o in luoghi abitualmente frequentati dalla vittima;
- Persecuzioni, minacce, anche di morte.

·        CICLO DELLA VIOLENZA
Possiamo affermare che la violenza intra-familiare si sviluppa in modo graduale secondo un ciclo che vede, inizialmente, l'esercizio da parte dell’autore di violenza psicologica al fine di rendere insicura la vittima e, solo in un secondo momento, il passaggio all'atto fisico violento vero e proprio, quando si è oramai certi di poter infierire sulla vittima senza che essa possa difendersi.
A questa fase fa seguito un periodo di scuse e pentimento (c.d. “luna di miele”): la vittima sente che il proprio “partner” si è riavvicinato emotivamente, che è innamorato di lei e che la riconciliazione è più forte di qualsiasi violenza subìta.
La vittima nega a se stessa i maltrattamenti subìti, attribuendo a quei comportamenti una fittizia connotazione amorosa, che la porta a riavvicinarsi, purtroppo in maniera illusoria, al “partner-carnefice”.
Nel corso del tempo la violenza riprende: il violento minimizza l'azione, tende a colpevolizzare la vittima attribuendole la responsabilità dell'azione violenta, facendola sentire sempre più colpevole ed incapace di reagire. Avviene, in tale stregua, un'inversione dei ruoli e di responsabilità: la vittima non si percepisce più come tale ma come colei che ha cagionato la violenza stessa. Da qui la resistenza a denunciare e a chiedere aiuto, anche psicologico.





·        LA PERSONALITA' DELL'AGGRESSORE

L'uomo violento non ha un identikit ben definito ed univoco. Può appartenere a qualsiasi condizione sociale, economica, culturale, può avere qualsiasi età, etnia e condizione psicopatologica.


·        PERCHE' LA DONNA NON REAGISCE

Spesso la vittima non riesce a chiedere aiuto, a denunciare e a reagire alla violenza subìta per molteplici cause:
- Paura delle reazioni del partner;
- Paura di non essere creduta e/o sostenuta;
- Mancanza di risorse materiali;
- Senso di isolamento sociale e familiare;
- Colpevolizzazione da parte della famiglia, istituzioni, conoscenti;
- Sfiducia nella esistenza di un'alternativa;
- Tenere unita la famiglia;
- Minimizzare gli eventi.
Fermare il maltrattamento e la violenza di genere è molto difficile. Alcune donne riescono ad intraprendere un percorso che le porta alla separazione e pertanto alla denuncia, altre arrivano a separarsi dopo essere sfuggite ad un attacco violento del partner, altre non riescono a svincolarsi continuando a subire il ciclo della violenza di cui sopra.

·        LA VIOLENZA ASSISTITA
La violenza intra-familiare spesso vede coinvolti i figli minori che si trovano ad assistere alle scene di violenza ed a fare da scudo per difendere il genitore maltrattato.
Per violenza assistita si intende, infatti, qualsiasi atto di violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale ed economica compiuta su altre figure di riferimento ai danni dei minori; di tale violenza il bambino vive l'esperienza direttamente e indirettamente, quando è a conoscenza della violenza percependone gli effetti; di tale violenza il bambino fa esperienza diretta percependone gli effetti nel vederla, nel sentire i rumori delle percosse e degli oggetti lanciati che si infrangono, le grida, gli insulti e le minacce; anche il constatare le conseguenze visibile della violenza (per esempio,  vedere gli oggetti distrutti), provoca  uno stato d’animo di dolore e  paura,  disperazione,  angoscia e  stato di perenne terrore.
Le conseguenze della violenza assistita prodotte sul minore sono:
- L'abitudine di vivere in un contesto violento, tendendo a porre in essere a proprio volta comportamenti altrettanto violenti;
- Percezione errata che i comportamenti violenti siano “normali”;
- Tendenza a interiorizzare i modelli genitoriali e a identificarsi col genitore maltrattante;
- Tendenza a difendere il genitore maltrattante;
- “Imparare” che la donna è vittima e che l'uomo è legittimato all'uso della forza.

Gli effetti della violenza assistita a lungo termine sono:
- Depressione;
- Ansia;
- Bassa autostima;
- Dipendenze e abuso di sostanze alcoliche, psicotrope e stupefacenti;
- Distacco emotivo;
- Aggressività;
- Passività;
- Difficoltà di autoprotezione con tendenza a vittimizzati.

Sempre nel Rapporto ISTAT 2015 v’è un focus in merito all’eventuale presenza dei figli in occasione di episodi di violenza subiti dalla madre: i figli che assistono alla violenza in casa hanno una probabilità maggiore di essere a loro colta autori di violenza. Per questo motivo è molto preoccupante l’aumento del numero di violenze domestiche a cui i figli sono esposti: la quota è salita al 65,2% rispetto al 60,3% del 2006.



·         
·        ASPETTI GIURIDICI

Il 19 giugno 2013 è stata ratificata in Italia la “Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica” (c.d. “Convenzione di Istanbul), che prevede che siano garantiti protezione e supporto ai bambini “testimoni di violenza domestica”, propone l’introduzione di circostanze aggravanti nel caso in cui il reato sia stato commesso su un bambino o in presenza di un bambino e il ricorso, se necessario, a misure di protezione specifiche, che prendano in considerazione il superiore interesse dei bambini e degli adolescenti coinvolti in episodi di violenza domestica.
·        Nell’ordinamento giuridico italiano al fenomeno della violenza assistita non corrisponde una fattispecie specifica ed autonoma di reato, nella quale venga identificato il minore quale persona offesa per i reati che si compiono in sua presenza verso altri componenti del nucleo familiare. Tale vuoto normativo viene colmato riconducendo i singoli comportamenti nei quali si concretizza la violenza assistita alle fattispecie di reato esistenti, qualora ne ricorrano i presupposti. Il riferimento è in particolare al reato di maltrattamenti in famiglia, previsto dal codice penale dell’articolo 572.
·        L’art. 572 c.p. disciplina il reato di “Maltrattamenti contro familiari e conviventi” e prevede che: “Chiunque maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l’esercizio di una professione o di un’arte, è punito con la reclusione da due a sei anni . Se dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica la reclusione da quattro a nove anni; se ne deriva una lesione gravissima, la reclusione da sette a quindici anni; se ne deriva la morte, la reclusione da dodici a ventiquattro anni”.

·        Giurisprudenza: recentissima sentenza della Corte di Cassazione n. 4332 del 29 gennaio 2015
Nella motivazione della sentenza si richiama l’orientamento per il quale integrano il delitto di cui all'art. 572 c.p. non solo fatti commissivi, sistematicamente lesivi della personalità della persona offesa, ma anche quelle condotte omissive connotate da una deliberata indifferenza e trascuratezza verso gli elementari bisogni affettivi ed esistenziali della "persona debole" da tutelare.
Da ciò ne discende che nel raggio di offensività del delitto di maltrattamenti possano ben essere attratte le posizioni passive dei figli minori che diventino “sistematici spettatori obbligati” delle manifestazioni di violenza, anche psicologica, di un coniuge nei confronti dell'altro coniuge. Le ripercussioni sui minori devono essere il frutto “di una deliberata e consapevole insofferenza e trascuratezza verso gli elementari ed insopprimibili bisogni affettivi ed esistenziali dei figli stessi, nonché realizzati in violazione dell'art. 147 c.c., in punto di educazione e istruzione al rispetto delle regole minimali del vivere civile, cui non si sottrae la comunità familiare regolata dall'art. 30 della Carta costituzionale”.
In buona sostanza, secondo la Suprema Corte, affinché sia integrata la fattispecie di violenza assistita dei minori da sussumersi nel reato di cui all’art. 572 c.p. sono necessari:
·         la reiterazione e la persistenza nel tempo degli episodi;
·         la sussistenza dell’elemento soggettivo da parte dell’agente come sopra descritto.

·        Un altro fronte sul quale si sta rafforzando la rete di protezione a favore delle vittime di violenza domestica è offerto dalla proposta di legge, recentemente approvata dall’Aula della  Camera dei deputati (e che adesso passa al Senato), che amplia le tutele a favore dei figli minorenni, infra-ventiseienni o non autosufficienti della vittima di uxoricidio (c.d. “doppiamente orfani”) con l’accesso al gratuito patrocinio a prescindere dai limiti di reddito e il riconoscimento di una provvisionale obbligatoria sui danni. 


·        CONCLUSIONI
E’ necessario diffondere una “cultura della separazione” come atto di prevenzione e cura della violenza intra-familiare, oltre che intervenire con il maltrattante, con la vittima e i figli minori che assistono alla violenza e al conflitto. E' fondamentale interrompere il ciclo della violenza e la trasmissione di modelli comportamentali aggressivi alle generazioni successive.

Fabrizio Giulimondi





mercoledì 22 marzo 2017

"ALLA LUCE DEL MITO. GUARDARE IL MONDO CON ALTRI OCCHI" DI MARCELLO VENEZIANI (MARSILIO NODI)

Meravigliarsi dinanzi al visibile e all’invisibile. Sergio Cotta, il grande filosofo del diritto diceva che tutto nasce da un primigenio atto di meraviglia, dallo stupore dinanzi alla bellezza ed al mistero nascosto nel primo soffio di vita. Ma prima di tutto si disvela il Mito, momento sorgivo e finale, di significazione e supporto alla transizione umana. Marcello Veneziani ci ha reso partecipi di potenti scritti in questi anni. Il pensiero corre a “Vivere non basta. Lettere a Seneca sulla felicità”, a “Dio, Patria e Famiglia. Dopo il declino” e a “Lettera agli italiani. Per quelli che vogliono farla finita con questo paese”. Il giornalista filosofo non ha finito di giganteggiare e si e ci proietta verso altre dimensioni, verso il sublime, verso “Alla luce del mito. Guardare il mondo con altri occhi” (Marsilio Nodi).
Ho difficoltà, vera, sincera, autentica difficoltà a rinchiudere in poche parole, in una manciata di locuzioni, in tranci di frasi ciò che esprime questa novella opera di Veneziani in termini emozionali, interiori ed intellettivi. Veneziani esplode in mille immagini e ci narra del Mito. Il Mito che si affaccia sull’esistenza umana per lasciare tracce di sé nella letteratura, nella poesia, nella politica, nella religione. Il Mito che invoca l’Umanità di porsi un limite per non “trasumanare” nella “post-umanità”, dove v’è l’oblio del tecno-ego- annientamento.
Ogni parola nel saggio è polifonica ed è nello stesso tempo poesia e letteratura e filosofia, perché ogni espressione trae vitalità e significato dall’una e dall’altra arte. Tutto il lavoro è pervaso da una energia creatrice gemmata da una scintilla geniale che forgia le cadenze della scrittura e delle sue pause. V’è un prius, la nostalgia, forza iniziatica di ogni atto intellettivo che nella bellezza ripone le proprie speranze e le proprie attese. V’è un posterius, la poesia, che congela quell’attimo di irripetibile “bello” proprio nel momento in cui sta svanendo, per impedirne la putrefazione e farlo germogliare in ogni animo umano nel perenne divenire del mondo.
Il Mito roccaforte inespugnabile di un sempre più diffuso e sopravanzante nichilismo, fatto di laicismo che trasforma Dio in Io e di fanatismo religioso che tutto muta in membra mutilate: una metamorfosi in monstrum corporeo e spirituale.  L’uomo senza Mito, senza il luccichio divino, privo di limiti frenanti, può eliminare se stesso involvendo in un “post-umano”.
Le parole di Marcello irradiano l’uomo, innalzano ad sidera coeli i pensieri, rendono la persona non una impaurita monade leibniziana in disperata cerca del “Nulla” per riempire il proprio “Nulla”, ma un continuum immortale fra passato e futuro lungo un intramontabile inno alla parte più intimamente grandiosa di cui l’Umanità è composta e di cui si nutre.
Fabrizio Giulimondi


sabato 18 marzo 2017

"IL DIRITTO DI CONTARE" DI THEODORE MELFI


Il diritto di contare” di Theodore Melfi è un avvincente film storico-didattico- didascalico frutto della intersezione di tre filoni cinematografici di antica tradizione statunitense: in tema di segregazione razziale, sulle missioni spaziali e in relazione alla condizione femminile.

Il sovietico Yuri Gagarin il 12 aprile 1961 è il primo uomo che si avventura nello spazio e allo smacco gli esperti della NASA rispondono aumentando gli sforzi, ma  manca loro il “quid” per riuscire a lanciare un essere umano oltre l’atmosfera terrestre, lungo l’orbita del nostro pianeta. Quel “quid” sarà rappresentato da una donna, nera, nella Virginia segregazionista dei primi anni ’60, insieme a due sue amiche, sempre donne, sempre nere, sempre nella Virginia segregazionista dei primi anni ’60.

La storia, accuratamente vera, andrebbe fatta vedere alle giovani generazioni, a parte alcuni palesi plagi come la scena del rientro dal “volo”, identica a quella del finale di “Apollo 13”, la pellicola del 1995 di Ron Howard.

Fabrizio Giulimondi

lunedì 13 marzo 2017

"CI ALZEREMO IN PIEDI. L’ITALIA DALL’ABORTO ALLE UNIONI CIVILI: IL MIO VIAGGIO TRA PASSIONE CIVILE E TESTIMONIANZA CRISTIANA”, DI OLIMPIA TARZIA (LATERAN UNIVERSITY PRESS)

Copertina di 'Ci alzeremo in piedi'
Ci alzeremo in piedi ogni volta che la famiglia sarà minacciata”, così gridò San Papa Giovanni Paolo II dinanzi alle sempre più incalzanti, minacciose e numerose iniziative politiche, sociali, legislative ed istituzionali contro la Famiglia e contro la Vita dei più piccoli come delle persone anziane.
La bioeticista Olimpia Tarzia si racconta in un libro autobiografico, “Ci alzeremo in piedi. L’Italia dall’aborto alle unioni civili: il mio viaggio tra passione civile e testimonianza cristiana” (Lateran University Press), attraverso le tante battaglie da lei condotte in veste di biologa, consigliere regionale ed esponente di punta del Movimento per la Vita. Il lavoro ripercorre decenni di vicende politiche, elettorali e referendarie italiane per mezzo degli occhi appassionati della Tarzia. La vita e le lotte dell’Autrice costituiscono le lenti con le quali il lettore osserva la storia d’Italia dalla legge sull’aborto del 1978, a quella del 2004 n.40, per giungere alle unioni civili ed approdare al devastante “gender”.
Passione, socialità e politica tutta al femminile con al centro i diritti non disponibili: l’essere umano deve prender coscienza che non tutto è a sua disposizione, ma vi sono dimensioni che prescindono e sono oltre egli stesso, al pari della vita, della morte, del patrimonio genetico, della propria fisicità maschile e femminile.
La battaglia di Olimpia è coraggiosa perché va a scontrarsi con il “Pensiero Unico”, il cui braccio ideologico armato è il “Politicamente Corretto” che possiede supporter potenti, danarosi e ovunque permeati.
Il titolo è paragonabile al letto di un fiume, anzi, di un torrente, che tracima la mente ed il cuore del lettore, un letto che viene riempito con parole che trasudano tensione cristiana e civile, intrecciate e inscindibili fra di loro, fuse in quella incerta linea di confine dove l’orizzonte non è né cielo né mare né terra ma cielo e mare e terra insieme: è un orizzonte che sa di vittoria e di speranza, anche quando tutto sembra crollare e dissolversi.
Ci alzeremo in piedi” non è un algido elenco di “cose fatte” o “ancora da fare”, ma tranci di anima che si sono fatti vita vissuta, carne e sangue, vene pulsanti nei polsi, battiti cardiaci che impazziscono prima di una intervista con temibili avversari o nell’attesa di un delicato intervento pubblico.
Lungo le pagine si ben comprende quanto quei “NO!” sommessamente pronunziati o urlati siano costati alla Autrice. Forse un massificato “SI!” sarebbe stato più agevole, ma Olimpia Tarzia si è alzata in piedi perché la parte più profonda, intima e invalicabile dell’essere umano era minacciata.
Fabrizio Giulimondi




venerdì 10 marzo 2017

ELISA GIULIMONDI IN ACTION

ASSOCIAZIONE CULTURALE MUSIKE' E GYM CLUB DANCE ACKADEMY

PRESENTANO

UNO SPETTACOLO TEATRALE CON ELISA GIULIMONDI


TEATRO SAN LUCA, VIA RENZO DA CERI 136, ROMA
SABATO 18 MARZO 2017
16.30 - 18.30

domenica 5 marzo 2017

"IL PRODIGIO" DI EMMA DONOGHUE (NERI POZZA)

La scrittrice, drammaturga e sceneggiatrice irlandese Emma Donoghue, già vincitrice di prestigiosi premi letterari, dona al suo pubblico un bel romanzo fra suspance, introspezione e piece teatrale, “Il prodigio” (Neri Pozza).
Scorrevolissimo, estremamente gradevole a leggersi, il lavoro della Donoghue mantiene costantemente sullo sfondo la “Grande Carestia” - che ha afflitto l’Irlanda fra il 1845 e il 1852 - , facendone sentire il puzzo di devastazione al lettore.
La narrazione è costellata di dialoghi serrati e intensi, punteggiata di salmi e passi biblici, ed echeggia il divario caratteriale, culturale e religioso fra cattolici e protestanti, fra cristianesimo vetusto irlandese e laicità britannica anti-papalina. I personaggi non esprimono individualità ma incarnano moltitudini di vicende fra passato e presente, religiosità ancestrale ed illuminismo sprezzante, follia estatica, esaltazione fanatica e un presagio di modernità.
Una triade di protagonisti attraverso i quali passa la storia di quei Popoli. La cattolica irlandese Anna, il cui senso del peccato ne fa demolire il proprio corpo per giungere monda a Dio. L’infermiera protestante Lib, ossia il vigore della dedizione e del dovere inglese, la cui razionalità sarà travolta da sentimenti per troppo tempo sopiti. Il giornalista Byrne, fusione fra ragione e fede, che tutto fa capire e tutto risolve. Psichiatria e amore, corpi disfatti e anime disperate. Immagini come dagherrotipi. Tecnica narrativa che lascia senza fiato. Lutto e peccato colpevole e incolpevole. Decadimento fisico dettagliatamene descritto nella sua tragicità, una tragicità che il lettore sente su si sé: sono le membra ad essere state rese immonde e sono queste, pertanto, a dover essere punite, per colpe non proprie ma altrui. Potente la figura di Anna, il cui inesorabile disfacimento fisico cela un dramma che tutti sanno ma tutti inabissano nei sotterranei dell’ignoranza. Grandiosa Anna nella lucidità del suo progetto e nella determinazione della sua volontà. Anna vittima, Anna carnefice di se stessa, con un amore immenso in Dio e un commovente affetto per suo fratello Pat, turpe vittima di se medesimo e demolitore della psiche altrui, da salvare ad ogni costo dalla dannazione eterna. E’ un racconto di metamorfosi, dove la marcia crisalide necessita di un nuovo corpo per ottenere una nuova vita. E’ l’assenza di cibo il viatico perverso per la salvazione, è il tormento la via per la salvezza. Il cibo come purificazione dal male subito, come una sorta di Comunione agnostica. Ogni personaggio ha nel suo passato un retaggio di tribolazione e morte da cui riscattarsi. Il crocevia di tutto è l’undicenne Anna, anzi Nan: “Gli occhi incavati, la pelle flaccida, il rossore della febbre, le dita cianotiche, gli strani segni sul collo e sulle caviglie. Il corpo martoriato di Anna era la più eloquente delle testimonianze … ma le insidie erano lì dentro. Quel tugurio fatto di sterco e sangue, latte e capelli, era la trappola dove stavano maciullando lentamente una bambina”.

Fabrizio Giulimondi