mercoledì 31 ottobre 2012

STEFANO BENNI-DI TUTTE LE RICCHEZZE




Ho letto di Stefano Benni l’ultimo libro intitolato “Di tutte le ricchezze”, Narratori Feltrinelli editore,  e non so se consigliarvelo.
Un professore universitario di letteratura in pensione e che si è ritirato a vivere da solo in campagna si racconta. La solitudine è il leit motif della storia, interrotta dall’arrivo di una giovane coppia nella villetta di fronte. Lei è bella  e confusa, lui è un po’ violento, un po’ alcolista e molto confuso. Al professore tornerà a battere – inutilmente – il cuore. Durante la narrazione sono sparse numerose – alcune belle – poesie di un certo poeta – inventato – soprannominato Catena, oggetto degli studi del protagonista.
Lo stile adoperato da Benni palesa i suoi interessi di autore teatrale, inframmezzato da prosa, poesia e linguaggio favolistico, specie quando il solitario intellettuale dialoga con il suo cane Ombra, la capra, l’istrice, il cinghiale, il lupo e varia altra fauna. Le parti in prosa sono cosparse di neologismi,  combinazioni di parole con  una certa carica suggestiva per il lettore (come inzavorrato di vino),  di espressioni in disuso e locuzioni richiamanti  linguaggi e terminologie più vicine all’arte poetica.
Può darsi che a qualcuno di Voi possa piacere  più di quanto abbia gradito io.

 Fabrizio Giulimondi



Verso l'assistenza territoriale: intervista con Mauro Marchetti, presidente di Sistema Helios

Il Dott. Mauro Marchetti, presidente di Sistema Helios, è stato intervistato da Laura Cenci nel corso di "A conti fatti", il programma di economia sociale realizzato dalla redazione di economiacristiana.it e trasmesso dal canale italiano della Radio Vaticana.

Nell'intervista sono stati affrontati temi quali l'assistenza territoriale, l'assistenza medica di base, il congestionamento dei pronto soccorso, il ruolo della classe medica.
Per ascoltare l'intera intervista visita il sito Economia Cristiana.

Fabrizio Giulimondi 

martedì 30 ottobre 2012

DOCUMENTAZIONE ANTIMAFIA:AGGIORNAMENTO



Risposta del prof. Fabrizio Giulimondi al seguente quesito: in caso di informative atipiche di polizia come si deve comportare il Prefetto in tema di  rilascio della documentazione antimafia?

Innanzitutto è opportuno una breve disamina sulla documentazione antimafia.
Il Libro II (artt. 82-101) del Codice Antimafia (decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159) introduce le  «Nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia» con l’obiettivo di riordinare e aggiornare tutta la delicata materia delle verifiche di contrasto al fenomeno delle infiltrazioni criminali  negli appalti pubblici. Tale disciplina  dà attuazione specifica alla delega contenuta negli articoli 1 e 2 della L. 13 agosto 2010, n. 136,  in tema di modifica, aggiornamento ed integrazione della disciplina in materia di documentazione antimafia, razionalizzando la  stratificazione normativa formatasi con la legge    31 maggio 1965, n. 575, il d.lgs. 8 agosto 1994, n. 490 e il D.P.R. 3 giugno 1998, n. 252.
La documentazione in parola si sostanzia in  due strumenti: le  comunicazioni antimafia e le informative prefettizie, di competenza del  Prefetto e  idonei a contrastare l’esistenza di «eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa, tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate» ( art. 84, comma  3, d.lgs. 159/2011).
L’istituto non presuppone l’accertamento di fatti penalmente rilevanti e l’adozione di formali provvedimenti applicativi di misure di prevenzione, essendo sufficiente anche la mera possibilità che l’impresa possa, anche in via indiretta, favorire la criminalità. Le informative prefettizie, infatti, non mirano all’accertamento di responsabilità, ma vanno inquadrate come mezzi di  prevenzione aventi  funzione di polizia di sicurezza, rispetto a cui assumono rilievo fatti e vicende solo sintomatici ed indiziari del collegamento fra cosca mafiosa e impresa interessata alla aggiudicazione di un appalto e di un sub appalto o di quant’altro si inserisce direttamente o indirettamente ad una procedura ad evidenza pubblica di qualsivoglia natura o oggetto.
La documentazione antimafia attesta, dunque,  il risultato delle verifiche documentali e/o investigative condotte nei confronti dei soggetti che rivestono incarichi in associazioni, imprese individuali, società di persone, società di capitali, cooperative, consorzi, raggruppamenti temporanei d’impresa -  oltre quelli  che possono essere in grado di influire sulle scelte o sugli indirizzi dell’impresa - prima della conclusione di contratti con la Pubblica Amministrazione o del rilascio di titoli autorizzatori o di contributi o di finanziamenti da parte della mano pubblica.
Rispetto alla previgente normativa, il codice antimafia  incide in modo innovativo anche sulla disciplina della durata della validità dell’informazione antimafia liberatoria, estendendola da 6 mesi ad 1 anno (per la comunicazione rimane il termine di 6 mesi) qualora non siano intervenuti mutamenti nell’assetto societario e gestionale dell’impresa oggetto di informativa (art. 86 d.lgs. 159/2011).
            E’ opportuno precisare che la previgente normativa sarebbe stata ancora in vigore se non fosse sopraggiunta il decreto legislativo  del novembre 2012.
          Il  D.P.R. 2 agosto 2010, n. 150 (“Regolamento recante norme relative al rilascio delle informazioni antimafia a seguito degli accessi e accertamenti nei cantieri delle imprese interessate all'esecuzione di lavori pubblici") è stato sì abrogato dall’art. 120, comma 2, lett. d), decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 ( c.d. “codice antimafia”), ma  a far data dalla entrata in vigore delle disposizioni di cui all’art. 119 (“nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia”). Tali disposizioni sarebbero divenute efficaci solamente  dopo ventiquattro mesi dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale di uno o più  regolamenti  a tale riguardo previsti all’interno del  corpo del codice antimafia, se  non fosse subentrato l’art. 9 del decreto legislativo 15 novembre 2012, n. 218 (disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 59) che ha abbreviato a due mesi l’entrata in vigore delle modifiche in esame ( 13 febbraio 2013)

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Più dettagliatamente:
l'informazione antimafia va richiesta al momento dell’aggiudicazione del contratto e riproduce sostanzialmente la disciplina delle informazioni del Prefetto di cui all'art. 10 D.P.R. n. 252/1998; essa consiste nella verifica dell'insussistenza di cause interdittive  e del pericolo di infiltrazioni mafiose che possano condizionare le scelte e gli indirizzi delle imprese interessate.
Le figure sintomatiche cartine di tornasole di tale periculum  sono desumibili dai provvedimenti cautelari, di rinvio a giudizio e di condanna, dalle misure di prevenzione sia proposte che applicate, dagli esiti di accessi e accertamenti prefettizi, dall’omessa denuncia all’autorità giudiziaria dei reati di concussione ed estorsione commessi con metodo mafioso o al fine di agevolare le associazioni criminali, dalle ipotesi di sostituzione negli organi sociali, nella rappresentanza legale o nella titolarità di imprese o di partecipazioni societarie, effettuate da chi convive stabilmente con i soggetti sottoposti a determinati provvedimenti giudiziari, con modalità volte ad eludere la normativa sulla documentazione antimafia.
Quanto alla comunicazione antimafia, che è destinata a sostituire le attuali certificazioni camerali con dicitura antimafia e le comunicazioni prefettizie, possiede carattere residuale in relazione all’informazione ed attesta l’insussistenza delle sole cause interdittive.
Atteso che il rilascio automatico della comunicazione può avvenire solo quando il soggetto interessato è stato censito nella banca dati sull'antimafia, nella ipotesi in cui non si sia provveduto  a tale inserimento,  le modalità procedurali per il rilascio sono quelle  ordinarie, ossia a seguito degli  accertamenti prefettizi.


Ora possiamo procedere a rispondere al quesito che ci siamo posti.
Le informazioni atipiche sono atti non vincolanti che lasciano spazio alla discrezionalità dell’amministrazione aggiudicatrice, la quale può valutare l’incidenza delle informative rispetto alla specifica procedura.
Dalle  informative “atipiche o supplementari”  la Prefettura evince un fumus, un sospetto, un dubbio circa un  rischio  di tentativo di infiltrazione mafiosa, nulla di certo ( ad esempio: presenza dell’imprenditore alle nozze della figlia del boss locale; frequentazione amicale dei loro figli) 
In tale evenienza, non essendoci elementi tali da giustificare un provvedimento interdittivo, il Prefetto non può apporre alcun diniego al rilascio di una  documentazione antimafia  “pulita”, rimandando alla stazione appaltante pubblica il compito di valutare discrezionalmente le azioni da compiere nel rapporto con l’impresa.
L’ente appaltante potrà emettere un giudizio di pericolosità e, di conseguenza,  assumere un provvedimento impeditivo della prosecuzione della procedura amministrativa o negoziale, oppure temporeggiare.
A tal proposito si segnala la sentenza n. 1508 del 28 marzo 2012 del  T.A.R. Campania, Napoli, Sezione I,  che espone quanto segue:  "L'informativa supplementare (o atipica) non ha carattere interdittivo, ma consente l'attivazione degli ordinari strumenti di discrezionalità nel valutare l'avvio o il prosieguo dei rapporti contrattuali alla luce dell'idoneità morale del partecipante alla gara di assumere la posizione di contraente con la P. A.; pertanto, l'efficacia interdittiva delle c.d. informative prefettizie "atipiche" scaturisce da una valutazione autonoma e discrezionale dell'amministrazione destinataria, in quanto esse rappresentano una sensibile anticipazione della soglia dell'autotutela amministrativa”
Sulla medesima linea di pensiero sono i giudici di Palazzo Spada (sezione VI) con la decisione  del 28 aprile 2010, n.2441, la quale ha chiarito che il criterio distintivo tra informative antimafia tipiche ed informative antimafia atipiche sta nel fatto che, diversamente dall'informativa tipica, avente efficacia  interdittiva  di ulteriori rapporti negoziali con le amministrazioni pubbliche, l'informativa atipica non possiede tale carattere, permettendo solamente  l'attivazione degli ordinari strumenti propri della discrezionalità amministrativa della stazione appaltante nel valutare l'avvio o il prosieguo delle relazioni  contrattuali alla luce dell'idoneità morale del partecipante alla gara.
Pertanto, l'informativa atipica -  che ribadiamo  non produce alcune esclusione automatica dalla gara - non necessita del grado di dimostrazione probatoria di verifica dell'appartenenza di un soggetto ad associazioni di tipo camorristico o mafioso richiesta in relazione a quella tipica,  basandosi, invece, semplicemente su indizi riguardanti la valutazione sull'idoneità morale del concorrente. E’ bene sottolineare  che gli indizi non possono  ritenersi fondati sul semplice sospetto o su mere congetture prive di riscontro fattuale, essendo pur sempre richiesta l'indicazione di circostanze obiettivamente sintomatiche di connessioni o collegamenti con le predette associazioni.
Il parametro valutativo, seppur  non è quello della "certezza", deve essere sempre quello della "qualificata probabilità".
E’ illegittima l'informativa prefettizia antimafia interdittiva (ossia contenente elementi di mafiosità) fondata su precedenti penali risalenti nel tempo, ovvero sul mero rapporto di parentela o affinità di amministratori o soci di un'impresa con elementi malavitosi locali, non avvallato da  altri elementi indiziari capaci di fornire un  fondamento al giudizio di possibilità che l'attività d'impresa possa, anche in maniera indiretta, agevolare le attività criminali o esserne in qualche modo condizionata.
Ancora: il Consiglio di  Stato, sez. VI, decisione del 22 giugno 2007 n.3484, ha reiterato che l’informativa antimafia c.d. “atipica” è fondata sull’accertamento di elementi che, pur presupponendo un pericolo di collegamento tra l’impresa e la criminalità mafiosa, non raggiunge la soglia di gravità prevista dall’art. 4 d.lgs  8 agosto 1994 n. 490, tale informativa non ha efficacia interdittiva automatica propria di quelle tipiche. La Stazione appaltate nella sua discrezionalità può, però, sulla base delle notizie risultanti dall’informativa “atipica”, negare l’approvazione alla stipula del contratto con l’aggiudicatario sulla base di ragioni di pubblico interesse desunte da quanto riferito dal Prefetto (T.A.R Lazio – Roma, Sez. III, 9 agosto 2005, n. 6159), e/o ritirare i propri atti e pervenire allo scioglimento del vincolo contrattuale (Cons. Stato sez V, 24 ottobre 2000 n. 5710).
La giurisprudenza dei giudici amministrativi di primo grado   specifica ulteriormente che l’informativa atipica deve prescindere completamente da ogni provvedimento penale a carico degli appartenenti all'impresa (sia pure di carattere preventivo o anche assolutorio) e si giustifica unicamente sul pericolo dell'infiltrazione mafiosa, che non deve essere immaginario, ma neppure provato, essendo sufficiente che esso sia fondato su elementi presuntivi ed indiziari. Quindi, in caso di informative di polizia “atipiche”, la valutazione circa il rilascio o meno dell'informativa antimafia è rimessa alla discrezionalità del Prefetto, sindacabile in sede di legittimità soltanto sotto il profilo dell'illogicità, incoerenza od inattendibilità manifeste.
A tale riguardo si segnalano due pronunzie.
·        T.A.R. Campania, Napoli, Sezione 1, Sentenza 1° dicembre 2010, n. 26527: "Secondo consolidata giurisprudenza, l'istituto dell'informativa prefettizia, di cui agli artt. 4 del D.Lgs. n. 490/94 e 10 del D.P.R. n. 252/98, è una tipica misura cautelare di polizia, preventiva ed interdittiva, che prescinde dall'accertamento, in sede penale, di uno o più reati connessi all'associazione di tipo mafioso; non occorre la prova dell'effettiva infiltrazione mafiosa all'interno dell'impresa, né del reale condizionamento delle scelte del concorrente da parte di soggetti mafiosi; è, invero, sufficiente il "tentativo di infiltrazione"; tale scelta è coerente con le caratteristiche del fenomeno mafioso, il quale non necessariamente si concreta in fatti univocamente illeciti, potendosi arrestare alla soglia dell'intimidazione; la formulazione generica del tentativo di infiltrazione mafiosa, rilevante ai fini del diritto, comporta l'attribuzione, in capo al Prefetto, di un ampio margine discrezionale in sede di accertamento; ne consegue che la valutazione prefettizia è sindacabile in sede giurisdizionale solo nell'ipotesi di manifesti vizi di eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza e travisamento dei fatti. Tuttavia, al fine di salvaguardare i principi di legalità e certezza del diritto, non possono reputarsi sufficienti fattispecie fondate su mere congetture prive di riscontro fattuale, occorrendo invece l'individuazione di circostanze sintomatiche di concreti collegamenti con la criminalità organizzata";
·       T.A.R. Sicilia, Palermo, Sezione 1, Sentenza 6 maggio 2011, n. 862: "In presenza di una informativa antimafia atipica, l'amministrazione che decida di recedere dai contratti o escludere una concorrente dall'ambito delle procedure in corso deve fornire un'adeguata motivazione, non potendo essa fare mero riferimento all'esistenza della predetta informativa. Pertanto, nel caso di specie, deve essere annullato il provvedimento del Comune, essendosi limitato a richiamare la nota prefettizia per giustificare la propria decisione di non invitare la ricorrente alla presentazione di offerte nell'ambito delle procedure ristrette bandite".
In realtà l'evoluzione normativa ha ridimensionato sensibilmente il ruolo della informativa in esame.
L’informativa antimafia c.d. atipica, così come elaborata nella prassi, rinviene il proprio fondamento normativo nel combinato disposto degli articoli 10, commi 7, lett. c) e 9, D.P.R. 3 giugno 1998, n. 252 e  1 septies, d.l. 6 settembre 1982, n. 629,  convertito  in l. 12 ottobre 1982, n. 726. Attualmente, per effetto dell’articolo 9 d.lgs n. 15 novembre 2012, n. 218 (primo decreto correttivo del c.d. codice antimafia),  il D.P.R. n. 252/98 è stato abrogato, venendo meno in tal modo la possibilità per le prefetture di emanare informative atipiche ex art. 10 del decreto, sicché in queste ipotesi il procedimento dovrà concludersi necessariamente o con un’informativa interdittiva o con un’informativa liberatoria: tertium non datur.
Quindi, si può concludere che il decreto correttivo 218/2012, da un lato ha fatto venire meno una delle fonti normative delle informative atipiche, ma ha nel contempo fatto sì che l’istituto sopravvivesse attraverso la reintroduzione del potere di segnalazione ex art. 1 septies  d.l. n. 629/1982, convertito nella l. 726/1982.

Difatti, il citato art. 1 septies consente tuttora alle prefetture di comunicare alle autorità competenti al rilascio di licenze, autorizzazioni, concessioni in materia di armi ed esplosivi e per lo svolgimento di attività economiche, nonché di titoli abilitativi alla conduzione di mezzi ed al trasporto di persone o cose, gli elementi di fatto e le altre indicazioni utili alla valutazione dei requisiti soggettivi del richiedente  il rilascio, il rinnovo, la sospensione e revoca di tali licenze, autorizzazioni o concessioni.

 .   Prof.  Fabrizio Giulimondi



           NOTA DI AGGIORNAMENTO

Sulla G.U. del 27 ottobre 2014 è stato pubblicato il decreto legislativo13 ottobre 2014 n. 153  (secondo decreto correttivo) che ha modificato ed integrato il c.d. codice antimafia (d.lgs. n. 159 del 6 settembre 2011). Le nuove disposizioni, elaborate con l’intento di semplificare le procedure dirette al rilascio della documentazione antimafia, entreranno in vigore il 26 novembre 2014.
Le principali novità sono le seguenti:
• Familiari conviventi (art. 85 comma 3 Cod. Antimafia): la verifica sui familiari conviventi, necessaria ai fini dell’informazione, è limitata a quelli di maggiore età che risiedono nel territorio dello Stato. Per acquisire i dati anagrafici dei familiari conviventi, si prevede un collegamento della Banca dati nazionale unica della documentazione antimafia con l’Anagrafe nazionale della popolazione residente. Gli effetti di tale ultima disposizione sono subordinati all’emanazione del regolamento che attiverà la banca dati di prossima emanazione;
• Utilizzabilità della documentazione antimafia (art. 86 c. 2-bis): è stabilito che, fino all’attivazione della banca dati, la documentazione antimafia è utilizzabile e produce i suoi effetti anche in altri procedimenti, diversi da quello per il quale è stata acquisita. Si tratta di una semplificazione di notevole rilievo, considerando anche che la comunicazione ha una validità di sei mesi dalla acquisizione e l’informazione di dodici mesi;
• Competenza del Prefetto (art. 88 c. 2, 3 e 3-bis): la competenza per le verifiche antimafia spetta al Prefetto della provincia in cui ha sede l’impresa, e non più al Prefetto della provincia dove hanno sede le amministrazioni richiedenti;
• Termini per il rilascio della documentazione antimafia (art. 88 c. 4): sono ridotti i termini a disposizione del Prefetto per il rilascio della documentazione e sono indicati gli effetti del mancato rispetto del termine anche nel caso della comunicazione. Invero, il termine per il rilascio della comunicazione è ridotto da 45 a 30 giorni e viene eliminata l’ipotesi di verifiche di particolare complessità che comportava un’ulteriore dilatazione dei termini (30 giorni). Inoltre, è estesa alla comunicazione la disposizione, già prevista per l’informazione, per cui, in caso di inutile decorso del termine, le amministrazioni procedono comunque, stipulando i contratti, o autorizzando i subcontratti sotto condizione risolutiva per l’ipotesi che sia successivamente emanata una comunicazione interdittiva. Ai fini della stipula del contratto o del rilascio dell’autorizzazione al sub-contratto, è necessaria una autocertificazione sull’assenza delle cause di divieto di cui all’art. 67. Altresì, anche la procedura di rilascio dell’informazione viene semplificata e accelerata, nel senso che è previsto un termine di 30 giorni per il suo rilascio ed un successivo termine di 45 giorni quando le verifiche siano di particolare complessità (nella previgente normativa i termini erano invertiti). Tuttavia, la nuova disciplina prevede che, decorso il primo termine di 30 giorni, l’amministrazione proceda anche in assenza dell’informazione antimafia, stipulando i contratti, ovvero autorizzando i subcontratti, sotto condizione risolutiva. Nella precedente normativa l’obbligo di procedere era invece previsto allo scadere di entrambi i termini (30 più 45 giorni). Infine, nei casi di urgenza, l’obbligo di procedere è ora previsto “immediatamente”, laddove in vigenza della vecchia disciplina occorreva attendere quindici giorni;
• Richiesta di comunicazione antimafia e accertamento tentativi infiltrazioni (art. 89 bis): è previsto che qualora a seguito delle verifiche per il rilascio della comunicazione antimafia, venga accertata la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa, il Prefetto adotta l’informativa antimafia interdittiva, senza emettere la comunicazione, e né da avviso ai soggetti richiedenti;
• Comunicazioni agli interessati (art. 92 c. 2-bis): la comunicazione interdittiva e l’informazione interdittiva devono essere comunicate dal Prefetto all’impresa interessata entro cinque giorni dalla adozione, con modalità che ne garantiscano la ricezione (lettera raccomandata con avviso di ricevimento; notificazione; posta elettronica certificata). Ciò consente l’eventuale tempestiva difesa dell’impresa stessa davanti al giudice amministrativo. Altresì, è previsto che nel caso in cui il Prefetto adotti l’informativa antimafia interdittiva, lo stesso verifica la sussistenza dei presupposti per l’applicazione delle misure previste all’art. 32 L. n. 114/2014 (rinnovazione degli organi sociali o straordinaria gestione impresa appaltatrice);
• Mancato funzionamento della banca dati nazionale (art. 90 c. 1 e 2): il decreto individua le soluzioni alternative per definire i procedimenti in corso nell’ipotesi in cui la banca dati non sia in grado di funzionare regolarmente a causa di eventi eccezionali. In tale ipotesi, la comunicazione è sostituita dall’autocertificazione, che consente di stipulare i contratti o autorizzare i subcontratti sotto condizione risolutiva; l’informazione è rilasciata a seguito di verifiche effettuate dal prefetto, fermo restando l’obbligo dell’amministrazione di procedere allo scadere del termine di trenta giorni sotto condizione risolutiva. 
 Prof. Fabrizio Giulimondi


La presente pubblicazione è depositata alla SIAE e tutelata a sensi della normativa vigente sul diritto d’autore.
Provvederò a citare il giudizio dinanzi l’Autorità Giudiziaria competente chiunque copi totalmente o parzialmente il testo senza il mio consenso preventivo.
Fabrizio Giulimondi




sabato 27 ottobre 2012

ROMANZO COMUNALE, I SEGRETI DEI PALAZZI DEL POTERE DI ROMA, di Umberto Croppi (con Giuliano Compagno), Newton Compton editori



 



La formulazione del presente commento mi ha impegnato più di altri avendo  la lettura di Romanzo Comunale determinato in me forti emozioni e grande disagio nello stesso tempo, per aver  vissuto quegli anni e conosciuto tutti i personaggi del racconto, a partire dall’autore Umberto Croppi.
Umberto Croppi è stato un protagonista e un attento osservatore  della storia della Destra italiana (anche se usare il singolare, a mio avviso, è un plateale errore che anche io continuo a compiere: la Destra è composta da tante Destre, differenti per sensibilità, cultura, tradizioni, storia, uomini…..forse tante quanti sono coloro che  ad essa aderiscono): la sua Destra non è la  Destra di tanti miei amici, ma il peso culturale ed intellettuale di Croppi oltrepassa  questi, oramai tralatrici e desueti, confini  ideologici.
Il titolo non può non rimandare la mente dei più maliziosi a Romanzo Criminale, di Giancarlo de Cataldo (e perché non al film Romanzo Popolare?).
Il titolo, però, specie se volessimo sentirlo vicino al libro di De Cataldo sulle gesta della Banda della Magliana, può trarre in inganno, non rispecchiando in alcun modo il contenuto dello scritto di Croppi, né potrebbe essere altrimenti. Chi si aspetta rivelazioni sensazionali e truculente, sangue e vendette, odio e rabbia, bava e urla rimarrà deluso, perché non conosce Croppi, E’ vero: generalmente i lavori ascrivibili al genere letterario che si occupa di attualità a contenuto politico-partitico trasudano  sudore e invettive nel loro linguaggio, nemici da abbattere, verità assolute. Non questo, perché il libro è il prodotto intellettuale della mente dello  scrittore e se colui che scrive è un signore non potrà che esprimere la propria  signorilità nei periodi vergati sulla carta.
L’Autore con eleganza,  garbo e ironia ripercorre  la storia della Destra italiana e romana e le vicende della amministrazione capitolina dall’insediamento della giunta Alemanno nell’aprile del 2008 alla fatidica notte fra il 13 e il 14 gennaio del 2001, durante la quale, a seguito dell’ azzeramento della giunta comunale avvenuto due giorni prima, furono stabiliti i nomi degli assessori componenti il nuovo organo esecutivo, con molte nuove entrate e qualche conferma. Fra i non confermati ci fu proprio Croppi che vide finire la propria esperienza come apprezzato e stimato Assessore alla Cultura di Roma.
Croppi ebbe la capacità di sconfiggere  il pregiudizio ideologico che inevitabilmente l’intelligencija  progressista della Città eterna nutriva nei confronti dei nuovi inquilini del Palazzo Senatorio e, di conseguenza, verso lo stesso Croppi, spin doctor alemanniano, uno dei principali artefici  della salita di “Gianni” sullo  scranno di Primo Cittadino  della Capitale d’Italia.
L’Autore con eleganza,  garbo e ironia riporta fatti non conosciuti ai più e, con altrettanta eleganza,  garbo e ironia – passatemi l’espressione slangdice cose toste, talora tostissime.
Chi conosce Umberto Croppi conosce  inevitabilmente  il suo sorriso ironico dipinto sul viso mentre ascolta alcuni discorsi, oltre  la sua bonomia condita con la finezza dell’intelletto: ecco, Voi nel leggere Romanzo Comunale vedrete dietro ogni parola quel sorriso ironico e quella bonomia.
L’aggressione da cui siamo abitualmente violentati nei programmi  televisivi  qui non  esiste, a dispetto di certe strumentalizzazioni compiute da giornalisti e opinionisti televisivi e della carta stampata nel recensire l’opera in parola.
L’ironia intelligente, financo graffiante e sferzante, che permea tutte le pagine, dalla storia della Destra nazionale e locale a quella del governo municipale romano, trionfa in pagine di rara alta ilarità nella descrizione delle ore (fatalmente drammatiche e convulse) che hanno preceduto la cessazione dall’incarico di Assessore alle Politiche Culturali di Roma Capitale di Umberto Croppi.

Fabrizio Giulimondi

venerdì 26 ottobre 2012

FABRIZIO GIULIMONDI:IL DOTT.MARCHETTI A RADIO VATICANA



Domenica 28 ottobre alle ore 15.40 (con replica lunedì 29 ottobre alle ore 11.35) a  Radio Vaticana (105 FM) alla rubrica “A Conti Fatti” si parlerà di medico del territorio insieme al dott. Mauro Marchetti, presidente della associazione Sistema Helios (www.sistemahelios.it).

Vi consiglio vivamente di ascoltare l'intervento del dott. Marchetti - mio caro amico  e medico  dedito con encomiabile passione, scrupolo e capacità alla salute dei propri pazienti -  per la utilità delle informazioni che fornirà aglI ascoltatori. 

prof. Fabrizio Giulimondi


sistema heliossistema heliossistema helios

giovedì 25 ottobre 2012

FABRIZIO GIULIMONDI: UN CASO INTERESSANTE DI OMISSIONE DI ATTI DI UFFICIO




Un allievo alla Università “Gabriele d’Annunzio” di Chieti-Pescara mi ha posto il seguente quesito, che può interessare anche i lettori di questo blog: “Integra la fattispecie di cui all'art. 328 c.p. l'ipotesi relativa al preposto alla filiale di un Istituto Bancario che, a distanza di un anno dalla notifica dell'ordine di esibizione di documentazione relativa a determinati conti correnti,  non ha ancora fornito la documentazione richiesta o l'ha fornita solo in parte?”

La risposta è negativa, ma occorre argomentarla, facendo una breve premessa sulla fattispecie criminosa del rifiuto di atti di ufficio-omissione, prevista e punita dall’art. 328 c.p..
L’art.328 c.p. disciplina due distinte ipotesi di reato: nella prima il delitto si perfeziona con la semplice omissione del provvedimento di cui si sollecita la tempestiva adozione, incidente su beni di valore primario (giustizia,sicurezza pubblica, ordine pubblico,igiene e sanità); nella seconda,invece, ai fini della consumazione, “è necessario il concorso di due condotte omissive, la mancata adozione dell’atto entro trenta giorni dalla richiesta scritta della parte interessata e la mancata risposta sulle ragioni del ritardo.”.
Più specificamente, l’art.328 c.p., nella sua attuale formulazione, prevede due distinte fattispecie, di cui la prima è punita più gravemente, vale a dire il rifiuto di atti d’ufficio, cioè tecnicamente il diniego espresso o comunque l’omissione di atti dovuti dal pubblico ufficiale o dall’incaricato di un pubblico servizio (ad esempio un gestore concessionario di servizi pubblici essenziali come la fornitura d’acqua,energia elettrica,ecc.) che indebitamente (in sintesi ingiustificatamente) rifiuta un atto del suo ufficio (cioè di sua competenza) e,  l’elemento oggettivo della figura delittuosa in parola prevede che si debba trattare di atti dovuti per ragioni di giustizia, o di sicurezza pubblica, di ordine pubblico o di igiene e sanità . L’elenco delle ragioni e delle relative materie è tassativo, tutte le altre fattispecie penalmente rilevanti potranno essere ricomprese nel secondo comma dell’art.328 c.p., punito meno gravemente.
Una corrente di pensiero giurisprudenziale più tralaticia (Cass. Sez. Un. 10467/81), muovendo dal presupposto che l’attività bancaria fosse segnata da un interesse pubblico imminente, era orientata nel senso di attribuire all’attività creditizia, pubblica e privata, natura di servizio pubblico in senso oggettivo, e agli impiegati degli enti creditizi la qualifica di incaricati di un pubblico servizio. Tuttavia, già nel 1983 la Corte Costituzionale, sulla scorta delle critiche che tale impostazione suscitava in dottrina, oltre che degli orientamenti comunitari, rivolgeva un esplicito invito al legislatore ad intervenire positivamente. La svolta, nel senso di riconoscere prevalente il carattere imprenditoriale dell’attività creditizia (anche pubblica) è stata segnata dalle Sezioni Unite della Cassazione Penale che, nella sentenza 8342/1987, affermava: «lo statuto penale della P.A. è applicabile soltanto all’attività degli enti creditizi pubblici che esula dalla gestione economica». I dipendenti delle banche, siano esse pubbliche o private, sono dunque semplici impiegati privati e non esercenti un pubblico servizio. Tale indirizzo è stato ribadito dalla decisione delle sezioni unite della Cassazione del 28 febbraio 1989 che ha affermato: "L'ordinaria attività bancaria, indipendentemente dalla natura dell'ente che la esercita, è una attività di natura privata e, conseguentemente, agli operatori bancari, quando esplicano la normale attività di raccolta del risparmio e di esercizio del credito, non sono riferibili le qualificazioni soggettive di cui agli articoli 357 e 358 del codice penale"....."è di natura pubblica l'attività bancaria relativamente ai crediti speciali o agevolati, e in genere a tutti i crediti di scopo legale, e rispetto a questa attività è pertanto applicabile lo statuto penale della pubblica Amministrazione". Va, però, segnalato che, nonostante l’avallo che tale impostazione ha ricevuto dalla Corte Costituzionale (sent. 309/1988), la l. 30 luglio 1990 n. 218 (legge “Amato”), nel prevedere le due figure di ente pubblico conferente e di società bancaria conferitaria comporta l’assimilazione dei dipendenti dell’ente pubblico conferente a quelli della Pubblica Amministrazione sotto il profilo della responsabilità penale ai sensi degli artt. 357 e 358 c.p.. Particolare interesse assume la sentenza della Cassazione 24 aprile 1997, n. 3882 nella quale si evidenzia che l’attività delle banche, che normalmente esula dall’ambito pubblicistico, vi è invece sottoposta per quelle funzioni collaterali svolte in campo monetario, valutario, fiscale e finanziario, in sostituzione di enti non economici nella veste di banche agenti o delegate, con le spettanze della qualifica di pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio ai relativi operatori. Per ciò che concerne gli amministratori (in senso lato) degli enti pubblici economici, accertare, di volta in volta, se gli atti sono stati posti in essere nell’ambito della gestione privatistica dell’attività imprenditoriale ovvero quali indicazioni di esercizio di poteri autoritativi di autorganizzazione, ovvero di funzioni pubbliche svolte in sostituzione dell’Amministrazione dello Stato, o di pubbliche potestà. Si ricorda, infine, che sempre secondo la Corte di Cassazione (Sent. 26 febbraio 1994, n. 3620), non sono pubblici ufficiali gli amministratori di società per azioni a partecipazioni pubblica in quanto la titolarità di azioni di parte dello Stato, o di un ente pubblico, non muta la natura privata delle società.
In conclusione: i dipendenti, addetti, amministratori e preposti in genere agli Istituti creditizi e bancari non sono qualificabili pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio, salvo le loro funzioni non rientrino in quelle autoritative di autoorganizzazione o poste in essere in sostituzione della Amministrazione dello Stato o di enti pubblici non economici, in correlazione con i servizi in campo monetario, valutario, fiscale e finanziario. Si concreterà, pertanto, il delitto di omissione o ritardo di atto di ufficio previsto e sanzionato dall'art. 328 c.p. solamente se l'atto sia espressione di tale residuale competenza bancaria e creditizia.
         Prof. Fabrizio Giulimondi


La presente pubblicazione è depositata alla SIAE e tutelata a sensi della normativa vigente sul diritto d’autore.
Provvederò a citare il giudizio dinanzi l’Autorità Giudiziaria competente chiunque copi totalmente o parzialmente il testo senza il mio consenso preventivo.
Fabrizio Giulimondi

sabato 20 ottobre 2012

FULVIO ERVAS:SE TI ABBRACCIO NON AVER PAURA






Mia figlia insieme ad alcuni suoi compagni di classe mi hanno incuriosito a leggere “Se ti abbraccio non aver paura “di Fulvio Ervas, edizioni Marcos Y Marcos. L’Autore racconta la storia vera di un padre (Franco) che decide, contro la volontà della moglie, degli amici e dello stesso psichiatra, di trascorrere qualche giorno negli States insieme al figlio Andrea affetto da autismo. Il viaggio sarà ben più lungo e avventuroso di quello progettato originariamente, visto che i  due oltre a fare il tragitto coast to coast on the road su una Herley Davidson da Alexandria, in prossimità di Washington,  sino a Los Angeles, attraversando le città bruciate dal sole e il deserto del Texas (deserto…autismo), si dirigeranno in Messico, in Guatemala, di nuovo in Messico a Tulum, per poi recarsi  in Costarica, a Panama, ove un incontro e una lettera li porteranno fatalmente in Brasile.
Il dialogo fra padre e figlio (ritratti dal vivo nelle due foto sopra) è composto di parole sbocconcellate, di sguardi, di riti, di foglietti lasciati e fatti ritrovare, di scambio di sensazioni tramite pc, grazie al  padre che vicino al figlio e innanzi al monitor scrive alcune domande a cui Andrea risponde. La loro comunicazione è ininterrotta, continuativa e intensa, anche se Ervas nel descriverla non vi ha immesso sufficiente  pathos. Le frasi che Franco e Andrea si sono scambiate  in tempo reale sul computer nella vita vera, nella realtà, sono state fedelmente riportate  nel libro, rispettandone anche il  tipo e la dimensione del  carattere.
 Alcuni atteggiamenti comportamentali, peculiarità della personalità  e aspetti caratteriali di Andrea mi hanno richiamato alla mente un ragazzo autistico che conobbi nel 1989 mentre facevo volontariato ad un istituto  orionino di  Roma: aveva la stessa età del coprotagonista del racconto (18 anni) e impegnava ore per pettinarsi o per pronunziare una frase banale ma, appena saliva sul palco di un teatro, si trasmutava in un attore consumato!
p.s.  Il titolo del libro riporta  la frase che i genitori di Andrea, quando aveva otto anni, gli hanno stampato su alcune magliette, per spiegare alla gente quell'abitudine di andare in giro ad abbracciare perfetti sconosciuti all'altezza della pancia

Fabrizio Giulimondi

N.B. nello spazio dedicato ai commenti è riportata una valutazione della psicologa dott.ssa Fiora Fornaciari  

 


giovedì 18 ottobre 2012

PAULO COELHO, IL MANOSCRITTO RITROVATO AD ACCRA




Il manoscritto ritrovato ad Accra
 
Paulo Coelho, Il Manoscritto ritrovato ad Accra, Bompiani, pare sia il libro più letto nelle ultime settimane nel globo terracqueo e, altrettanto,  pare che Paulo Coelho, i cui romanzi sono fra i più venduti al mondo (più di 56 milioni di libri,  pubblicati in più di 150 paesi e tradotti in 59 lingue), stia tentando l’ennesimo avvicinamento ad Oslo per il  Nobel per la letteratura.
Amo Coelho ma questa volta sono costretto a ritenere - specie dopo essermi accostato al saggio di Veneziani “Dio, patria e famiglia dopo il declino” -  l'ultima sua fatica  non adeguata ai livelli rappresentati dalle sue  opere precedenti quali L’Alchimista, Sulla Sponda del fiume Piedra mi sono seduta e ho pianto e,  soprattutto,  Lo Zahir.
La letteratura di Coelho è pregna della tradizione New Age che è una variante contemporanea dell'esoterismo occidentale.
La New Age si ispira ai gruppi gnostici che sorsero nei primi anni del cristianesimo e acquista  importanza in Europa nel periodo della Riforma. Si è sviluppata parallelamente alle visioni scientifiche del mondo e ha acquisito una giustificazione razionale nei secoli XVII  e XVIII. Si è caratterizzata per il rifiuto progressivo di un Dio personale e per il concentrarsi su altre entità, come  gli angeli, che spesso fungono da intermediari fra Dio e l'uomo nel cristianesimo tradizionale.
La presenza importante di entità spirituali intermedie come elemento cardine del  pensiero religioso-spirituale-filosofico della New Age si trova specialmente ne L’Alchimista, ne Il cammino di Santiago, nel  Manuale del guerriero della luce  e, ne  Le Valchirie. Nel romanzo in commento non v’è nulla di tutto questo!
Qui Coelho utilizza una fictio per introdurre la narrazione.
Insieme ai papiri contenenti le traduzioni in copto dei testi greci composti fra il I e il II secolo d.C., costituenti  il corpus principale dei cosiddetti Vangeli apocrifi, espunti dal Nuovo Testamento nel 170 D.C., l’Autore argentino immagina venga scoperto  un altro manoscritto nella stessa località egiziana, Nag Hammadi, redatto nella lingua araba, ebraica e latina, risalente al 1307 D.C.,  che ricorda la sera del 14 luglio 1099, in una Gerusalemme che si prepara all’assalto dell’esercito crociato. Un uomo saggio di origine egiziana, sopranominato il Copto, riunisce nella piazza ove Pilato aveva processato Gesù secoli addietro, donne, uomini e fanciulli di religione cristiana, musulmana ed ebraica, presenti con i propri sacerdoti,  muftì e  rabbini; il Copto  ammaestra e illumina loro sui temi che l’assemblea stessa gli sottopone per mezzo di domande. Il Saggio nativo d’Egitto  risponderà – utilizzando anche espressioni di origine evangelica -  sulla sconfitta, sui perdenti, sulla solitudine, sul sentirsi inutili, sulla paura di cambiare, sulla bellezza, sulla direzione da prendere nella vita, sull’amore, sul destino, sul sesso, sulla eleganza, sul successo, sui miracoli, sul futuro, sulla lealtà, sui nemici, sull’ansia (che ha mio sommesso parere risulta essere il passaggio dello scritto di Coelho più affascinante e convincente).
Ma la  struttura del romanzo, lo stile adoperato nella esposizione del pensiero del Copto, la rilevazione delle idee  frutto del sinallagma fra domanda di colui che attende la guerra e la risposta del saggio  sui  temi più variopinti,  rientranti tutti nella vita quotidiana dell’esistenza umana, non possono non rimandare la mente immediatamente a  Il Profeta del  grande scrittore libanese Gibran! Anche il Profeta  risponde a domande poste dai  suoi amati concittadini sugli aspetti più profondi e su  quelli  - apparentemente – più secondari del vivere giornaliero (argomenti molto simili a quelli trattati dal Copto di Coelho), al momento della sua partenza per mare  dal villaggio ove ha abitato per lunghi anni.  
La risposta, amico mio, sta soffiando nel vento!
Fabrizio Giulimondi

martedì 16 ottobre 2012

IL SISTRI




Qualche parola sul SISTRI
L'introduzione del SISTRI nel nostro Paese rappresenta una delle misure di attuazione della direttiva della unione Europea n. 98 del 19 novembre 2008: in particolare dell'art. 17, il quale obbliga gli Stati ad adottare misure affinché produzione, raccolta, trasporto, stoccaggio e trattamento dei rifiuti pericolosi siano eseguiti in condizioni da garantire protezione dell’ambiente e della salute umana; a tal fine l’art. 17 prevede, tra l’altro, l’adozione di misure volte a garantire la tracciabilità dalla produzione alla destinazione finale ed il controllo dei rifiuti pericolosi, per soddisfare i requisiti informativi su quantità e qualità di rifiuti pericolosi prodotti o gestiti.
Il SISTRI è disciplinato dal decreto ministeriale del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del 17 dicembre 2009  in attuazione delle previsioni degli artt. 189 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (c.d. codice dell’ambiente) e 14 bis del decreto legge 1 luglio 2009, n. 78, introdotto dalla legge di conversione 3 agosto 2009, n. 102.
Il decreto  17 dicembre 2009  individua i soggetti (“operatori”) e le attività di produzione, gestione  e trasporto di rifiuti (c.d. categorie di iscrizione) coinvolte nel processo di informatizzazione; ne definisce, inoltre, le modalità di iscrizione, obbligatoria o facoltativa, secondo determinate tempistiche. Tale decreto è stato a sua volta modificato ed integrato dai successivi provvedimenti del Ministero dell’Ambiente del 15 febbraio 2010, 9 luglio 2010 e 28 settembre 2010, che hanno mantenuto stabile l’entrata in vigore del SISTRI alla data del  1 ottobre 2010 ( dies ad quem  pluriprorogato al 30 giugno 2013).
L’art. 1,comma 1116, legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007)  ha stanziato i fondi per la introduzione, l’organizzazione e la gestione del sistema in argomento.
Il decreto legislativo 16 gennaio 2008, n.4 ha stabilito l’obbligo della installazione ed utilizzazione di apparecchiature elettroniche per i soggetti già titolari del dovere di predisporre la documentazione  cartacea in materia di rifiuti speciali.
Purtroppo, come in tanti altri casi, alla cennata direttiva non è stata data ancora attuazione, nonostante l'articolo 40 fissasse al 12 dicembre 2010 il termine finale entro cui gli ordinamenti statuali (incluso quello italiano!) avevano l’obbligo di adeguarsi.
Per effetto dell’art. 6, secondo comma, del decreto legge 13 agosto 2011 n. 138, il sistema è stato transitoriamente soppresso, a seguito della immediata abrogazione dell’art. 14-bis del decreto legge 1 luglio 2009 n. 78, nonché degli artt. 188 bis, secondo comma, lett. a), 188 ter e 260 bis del codice dell’ambiente e, infine,  del decreto del Ministro dell’Ambiente del 17 dicembre 2009.
Tuttavia, in sede di conversione, la legge 14 settembre 2011 n. 148 ha modificato l’art. 6 del decreto legge n. 138 del 2011, ripristinando la disciplina legislativa e regolamentare riguardante il SISTRI e fissando al 9 febbraio 2012 il termine di inizio dell’operatività del sistema.
Tale termine è stato, poi, rinviato al 2 aprile 2012 in forza della modifica introdotta dall’art. 13, terzo comma, del decreto legge 29 dicembre 2011 n. 216.
In data 23 febbraio 2012 è stata approvata definitivamente la legge di conversione del decreto legge 29 dicembre 2011, n.   216 (il c.d. Milleproroghe), convertito in legge 24 febbraio 2012, n. 14,  che proroga al 30 giugno 2012 la piena operatività del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) per tutte le categorie di impresa.
Infine, dal 6 gennaio 2012 è in vigore il decreto del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare 10 novembre 2011, n. 219, dal titolo “Regolamento recante modifiche e integrazioni al decreto ministeriale del 18 febbraio 2011, n. 52, concernente il regolamento di istituzione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI)”.
Pertanto – e per farla breve -  il SISTRI  non è ancora entrato in funzione.
A seguito delle difficoltà operative riscontrate nella fase di avvio sperimentale il Ministero dell’Ambiente ha richiesto alla DigitPA (Ente Nazionale per la Digitalizzazione della Pubblica Amministrazione) una valutazione sulla operabilità del sistema. Quest’ultima ha trasmesso  le sue valutazioni il 16 maggio 2012, a ridosso  della entrata in funzione del SISTRI,  prevista al tempo per il 30 giugno 2012. Il parere della DigitPA solleva una serie di questioni in merito alle procedure seguite da parte del Ministero per l’affidamento alla società Selex-Finmeccanica della progettazione e realizzazione del SISTRI, in merito ai costi e al funzionamento del sistema. Il Ministero ha trasmesso questa relazione all’Avvocatura dello Stato ed al Comando del Nucleo Operativo Ecologico dell’Arma dei Carabinieri per le valutazioni di competenza.
Il Ministro dell’Ambiente Clini ha, altresì,  richiesto agli organi competenti della Amministrazione di effettuare una valutazione interna in relazione  a quanto osservato da parte della DigitPA. Le verifiche avviate richiedono tempi presumibilmente  non compatibili con l’entrata in funzione del SISTRI – che come da qui a poco vedremo -   è prevista per  il 1 luglio   2013. Il Ministro  ha, inoltre,  chiesto al  presidente di Confindustria e ai presidenti delle associazioni delle categorie interessate di valutare  le modalità per rendere finalmente fattivo il sistema, senza aggiungere oneri amministrativi alle già complesse procedure cui le imprese sono abitualmente sottoposte per rispettare gli adempimenti ambientali e, in particolare,  quelli sui rifiuti.
L'articolo 52 del decreto legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito in legge 7 agosto 2012, n. 134,  ha sospeso l'operatività del SISTRI sino alla data del 30 giugno 2013 (questa, per ora, è l’ultima data utile); sono del pari sospesi i conseguenti adempimenti delle imprese interessate, nonché i pagamenti dei relativi contributi  di competenza  dell’anno in corso 2012.
Nonostante la procrastinazione  della entrata in vigore dell'operatività del SISTRI, nelle more la tracciabilità continua con il vecchio sistema cartaceo, ovvero per il tramite di formulari di identificazione e registro di carico e scarico e, rimane assoggettata alla disciplina, anche sanzionatoria, prevista per la tracciabilità dei rifiuti ante  decreto legislativo 3 dicembre  2010, n. 205 (normativa sui rifiuti).                                 
Il SISTRI è l’acronimo di Sistema di Controllo della Tracciabilità dei Rifiuti e nasce  su iniziativa del Ministero per l'Ambiente per permettere l'informatizzazione dell'intera filiera dei rifiuti speciali a livello nazionale e dei rifiuti urbani per la Regione Campania, nell'ottica di una politica di prevenzione e repressione dei gravi fenomeni di criminalità organizzata (meglio conosciute come ecomafie) in ambito di smaltimento illecito dei rifiuti. 
In Campania, al fine di ottimizzare la gestione integrata dei rifiuti urbani, è stata prevista dall'art. 2 comma 2 bis del decreto legge 6 novembre 2009, n.  172, convertito nella legge 30 dicembre 2008, n. 210, la realizzazione del sistema di tracciabilità per tale tipologia, denominato SITRA, interconnesso con il SISTRI
In particolare, da un sistema cartaceo -  composto dal Formulario di identificazione dei rifiuti, dal Registro di carico e scarico e dal Modello unico di Dichiarazione ambientale (MUD) - si passa a sistemi elettronici in grado di dare visibilità al flusso in entrata ed in uscita degli autoveicoli nelle discariche.
La gestione del SISTRI è stato affidato al Comando Carabinieri per la Tutela dell'Ambiente (inizialmente si era pensato alla Guardia di Finanza) che dovrà garantire la messa a disposizione dei dati sulla produzione, movimentazione e gestione dei rifiuti. Il SISTRI sarà interconnesso con l' I.S.P.R.A. e l'Albo Nazionale Gestori Ambientali tramite il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, in ordine ai dati relativi al trasporto dei rifiuti. Per garantire la tracciabilità dei rifiuti speciali anche per quanto riguarda il trasporto Marittimo e Ferroviario, il SISTRI sarà collegato  con i Sistemi Informativi della Guardia Costiera e delle Imprese Ferroviarie.
Pertanto, il SISTRI è concepito per la semplificazione del sistema di gestione e tracciabilità delle differenti tipologie di rifiuti (ospedalieri, urbani, speciali e pericolosi), avendo  il duplice obiettivo di semplificare l’iter di certificazione e verificabilità di tali materiali nel loro percorso e, di rendere trasparente il ciclo di distruzione dei rifiuti, abbattendo i costi sostenuti dalle imprese del settore.
Tale sistema impone ai soggetti coinvolti nella filiera dei rifiuti a comunicare in via telematica ad un “cervellone”  gestito dallo Stato, tutti i dati qualitativi e  quantitativi dei rifiuti detenuti,  trasportati,  smaltiti o sottoposti a trattamento di recupero.
Con esso viene imposto ai veicoli adibiti al trasporto  dei rifiuti di istallare impianti di tracciamento satellitare al fine di individuare i percorsi effettuati e di inserire  negli impianti stessi  sistemi di controllo elettronico per monitorare entrate ed uscite degli automezzi in parola. 
 Il SISTRI prevede più dettagliatamente di dotare gli utenti di un dispositivo elettronico USB per l’accesso in sicurezza al sistema dalla propria postazione. Tale dispositivo è idoneo a consentire la trasmissione dei dati e la registrazione degli stessi nonché la firma elettronica delle informazioni fornite. Nell'ambito del sistema, i veicoli che trasportano rifiuti verranno dotati di una black box per monitorarne il percorso e si installeranno impianti di videosorveglianza nelle discariche e negli inceneritori per un controllo degli accessi. Il SISTRI prevede inoltre, per le ipotesi di cattivo funzionamento dei dispositivi, anche l’istituzione di un numero verde. In questo modo si viene a creare un sistema-rete che consente di conoscere e monitorare il completo ciclo di vita dei rifiuti.
Il SISTRI semplifica le procedure e gli adempimenti, riducendo sensibilmente  i costi sostenuti dalle imprese e,  gestisce in modo innovativo ed efficiente un processo complesso e variegato con garanzie di maggiore trasparenza e prevenzione dell'illegalità', esercitata prevalentemente dalla criminalità organizzata di stampo mafioso o camorristico.
Al fine di controllare nel modo più incisivo possibile  la movimentazione dei rifiuti speciali lungo tutto il loro ciclo, dalla raccolta al trattamento e smaltimento, viene ricondotto nel SISTRI il trasporto intermodale e posta particolare attenzione alla fase finale della loro eliminazione,  per il tramite dell'utilizzo di sistemi elettronici in grado di dare visibilita'  - come già prima esplicitato - al flusso in  entrata e in uscita dei veicoli nei luoghi predisposti ad accogliere i rifiuti, inclusi quelli speciali.
A tale proposito sulla Gazzetta Ufficiale del 5 Settembre  2011 n. 206 è stato pubblicato l'Accordo della Conferenza Unificata del 27 luglio 2011 fra Governo, Regioni e Autonomie locali in merito alla gestione delle informazioni sulla tracciabilita' dei rifiuti di cui il SISTRI è titolare, gestore ed esercente  il trattamento. Tale accordo prevede che gli Enti Locali e l'A.R.P.A. possano accedere al SISTRI attraverso il Catasto Telematico, al  fine di consultare i registri cronologici e le schede di movimentazione rifiuti dei soggetti obbligati all'iscrizione al sistri.
 Il SISTRI costituisce, in conclusione,  una nuova strategia volta a garantire un maggiore controllo sul trasporto dei rifiuti speciali. L'iniziativa si inserisce nell'ambito dell'azione di politica economica che da tempo lo Stato, unitamente alle  Regioni,  sta conducendo nel campo della semplificazione normativa,  della efficienza della pubblica amministrazione e della riduzione degli oneri amministrativi gravanti sulle imprese (a partire dal c.d. Statuto delle imprese, ossia dalla legge 11 novembre 2011, n. 180).
                          
                           prof. Fabrizio Giulimondi